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Set 02

L’isola del tesoro a Venezia

Agosto è per noi italiani tempo di vacanze. Vacanze che per qualcuno significano relax totale, per qualcun altro desiderio di scoprire posti nuovi, magari viaggiando per mete esotiche e visitando popoli lontani.

Per questo motivo, il post di questo mese è dedicato a scoprire una piccola perla di Asia in pienissimo Mediterraneo, un luogo dove si cela una cultura antichissima a due passi dalle nostre usuali vie.

Stiamo parlando dell’isola di San Lazzaro degli Armeni, che si trova a venti minuti di traghetto da Campo San Marco a Venezia e che abbiamo scoperto grazie all’aiuto del Professor Peratoner, senza il quale questo articolo non sarebbe stato possibile.

Cos’ha di prezioso questa piccola isola? La risposta si trova proprio nei suoi abitanti.

I monaci armeni·che vivono in questo luogo sono, infatti, i discendenti di una cultura antichissima ad oggi ancora poco nota, strettamente legati al loro credo e alla loro terra. La loro patria d’origine sorgeva attorno al monte Ararat. Proprio su quel monte la Bibbia sostiene che sia giunto Noè, al termine del diluvio, e che da lì sia poi rifiorita la vita sulla Terra.

A questo punto giunge spontanea la domanda su cosa ci facciano dei monaci di una cultura tanto lontana nel mezzo della laguna veneziana. Per trovare la risposta dobbiamo viaggiare nel tempo, fino all’8 settembre 1717, giorno in cui il fondatore dell’ordine, l’abate Mechitar, giunge a San Lazzaro.

Mechitar, il cui nome in armeno significa “il consolatore”, era davvero un uomo fuori dal comune.

Egli dedicò la sua vita ad un grande sogno: far rinascere la lingua e la cultura degli armeni, che stava vivendo un periodo di immobilismo culturale. A prima vista l’intento di Mechitar può apparire un tentativo di rivalsa del popolo armeno sopra le altre etnie ma, in realtà, il suo progetto va ben oltre i confini dell’Armenia storica, l’antico territorio dell’impero armeno.

Egli era infatti convinto di voler investire sull’educazione dei giovani, trasmettendo tutta la ricchezza della lingua e della storia armena, per arrivare al dialogo tra i popoli. In altre parole, il suo progetto non era quello di costruire un museo dell’antica grandezza degli armeni, bensì di dare ai giovani la capacità di cogliere l’essenziale e di vivere in pace tra loro.

Come? Attraverso i libri e lo studio delle lingue.

Egli voleva avere cura degli altri, ampliando la loro visione sulla vita con la cultura. A questo scopo, pretese che i suoi monaci si impegnassero loro stessi per primi nell’ambito culturale, che apprendessero diverse lingue antiche e moderne, occidentali e orientali.

Egli stesso diede il suo contributo progettando il primo dizionario della lingua armena.

Grazie a lui nel 1749 – anno della pubblicazione dell’opera di Mechitar – l’armeno è la sesta lingua al mondo dotata di un dizionario a stampa, dopo il greco, il latino, il francese, l’italiano e lo spagnolo. Mancava l’inglese, che oggi è la lingua più studiata al mondo, e già esisteva il dizionario armeno.

Morto Mechitar

il suo progetto continuò producendo quella che gli esperti di cultura armena chiamano “la rinascita culturale del popolo armeno” e l’Isola di San Lazzaro divenne il polo di questa grande iniziativa. Si ha un assaggio di tutto questo visitando la splendida biblioteca dell’isola: 170.000 volumi,

scritti in armeno per la maggior parte, ma anche greco, latino, cinese, russo, arabo… Senza contare poi tutto il reparto cartografico, la collezione egittologica e archeologica, e le magnifiche porcellane cinesi donate ai monaci.

Le reazioni a tutta questa vivacità e ricchezza umanistica furono le più varie.
Ci fu chi, come Lord Byron decise di risiedere per un certo tempo nell’isola, studiando l’armeno e i suoi testi antichi. E chiunque visiti oggi San lazzaro trova l’ufficio del poeta britannico all’interno della biblioteca.

Purtroppo, non mancarono le reazioni di rifiuto, dovute a scelte politiche contrarie, a forti nazionalismi di altri popoli o controversie storiche. Emblematiche in questo senso sono le due fughe che hanno segnato la vita di Mechitar: la prima fu quella da Costantinopoli a Modone, città della Grecia e all’epoca territorio della Morea Veneziana, dove nel 1703 egli trasferisce interamente il suo ordine e dove egli spera di trovare la sua sede definitiva. L’abate ne è talmente convinto da impegnarsi in una serie di debiti per costruire un monastero e una chiesa, e quando, nel 1714, aveva appena estinto questi debiti, la Turchia dichiara guerra a Venezia. La delusione di Mechitar è fortissima: è costretto ad un’altra fuga nella misconosciuta isola di San Lazzaro. Eppure, proprio da questa piccolo lembo di terra nella laguna veneziana ebbe inizio una doppia rinascita per Mechitar: quella del suo ordine e quella del popolo armeno.

L’isola di San Lazzaro è dunque il simbolo di un bene insperato e sovrabbondante capace di gemmare tra tutti coloro che si impegnano per una grande impresa.


[1] Alberto Peratoner insegna metafisica e teologia filosofica presso la Facoltà Teologica del Triveneto (Padova), metafisica ontologica ed epistemologia presso il Seminario Patriarcale di Venezia, e filosofia della natura e della scienza presso la Scuola di Filosofia della Fraternità di San Carlo (Roma). Collabora da tempo come bibliotecario e catalogatore presso l’Isola di San Lazzaro degli Armeni.


Bibliografia:

Paolo Lucca, L’ispirazione religiosa e umanistica dell’abate Mechitar e della sua scuola in G. Uluhogian et al. (eds.), Armenia. Impronte di una civiltà, Skira, Milano 2011, pp. 317-321.

Alberto Peratoner. Dall’Ararat a San Lazzaro, Congregazione Mechitarista, Casa Editrice Armena, Venezia, 2006.

La via della seta, Venezia, Isola di San Lazzaro degli Armeni

Armenia: crocevia di fede e culture, 29 ottobre 2020. Incontro con Alberto Peratoner

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